LA MEMORIA - giovedì 5 dicembre 2024
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Le prime indagini sull’eccidio di Sant’Anna furono condotte nell’ottobre 1944, da una Commissione Militare Americana, che raccolse alcune testimonianze, senza però acquisire elementi utili all’identificazione dei responsabili.
Nel febbraio 1947, si levarono vibranti proteste da tutta la Versilia, in occasione dell’apertura del processo a carico del generale Kesselring, in quanto tra le imputazioni a suo carico figurava anche la strage del 12 agosto 1944.
Fu allora che il Servizio Investigativo Britannico inviò in Versilia un ufficiale che acquisì dichiarazioni di superstiti e testimoni, che consentirono di inserire l’eccidio di Sant’Anna tra i capi d’accusa del generale Max Simon, comandante della XVI Divisione SS, processato a Padova da una Corte Militare Alleata nel giugno 1947. Per questo e per altri eccidi commessi in Italia ed in Emilia, gli venne inflitta la condanna a morte, poi commutata in ergastolo; tuttavia, come accadde per molti altri criminali nazisti, Simon venne graziato dopo aver scontato solo pochi anni di carcere.
Durante il processo emersero anche le responsabilità del maggiore Walter Reder, comandante del XVI Battaglione della XVI Divisione SS, il quale, estradato in Italia, fu giudicato dal Tribunale Militare di Bologna nell’ottobre 1951. Il maggiore austriaco fu riconosciuto colpevole delle stragi di Valla, Vinca, Bardine San Terenzo, Marzabotto, ma venne assolto per quella di Sant’Anna di Stazzema. Condannato a morte, sentenza commutata in ergastolo, Reder ha scontato la pena nel carcere militare di Gaeta fino al 1985 quando, graziato dal Governo Italiano, è rientrato in Austria, dove è morto nel 1991.
Nel 1996, grazie anche alle richieste del Comune di Stazzema e del Comitato per le Onoranze ai Martiri di Sant’Anna, la Procura Militare di La Spezia ha riaperto le indagini sull’eccidio.
Nel frattempo, decisivi elementi per giungere all’identificazione dei responsabili, sono stati forniti dalla giornalista Cristiane Kohl, la quale ha pubblicato sul quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, i risultati di una lunga ricerca effettuata negli archivi militari tedeschi, in collaborazione con lo storico Carlo Gentile. Il servizio giornalistico, comprendente anche l’intervista ad un soldato delle SS presente a Sant’Anna, insieme a tutta la documentazione raccolta, sono passate al vaglio della Procura Militare di La Spezia.
Il casuale rinvenimento di 695 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste, conservati in un armadio nei sotterranei della Procura Militare di Roma, “provvisoriamente archiviati” dal governo italiano negli anni ’50, in periodo di piena “guerra fredda”, per motivi di diplomazia internazionale, ha aperto nuove prospettive per l’individuazione dei colpevoli.
Grazie all’azione svolta dal Comitato per la Verità e la Giustizia, costituitosi a Stazzema nel settembre 2000, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, il 6 marzo 2001, al termine di un’indagine conoscitiva, insediata per discutere sui 695 fascicoli occultati nell’”Armadio della vergogna”, ha concluso i suoi lavori chiedendo l’istituzione di una Commissione Parlamentare di inchiesta, ai sensi dell’art. 82 della Costituzione, al fine di far luce sulle cause che portarono all’occultamento delle prove e all’insabbiamento di tutte le denunce relative ai crimini commessi dai nazifascisti.
Il 22 giugno 2005 si conclude il processo ai responsabili dell’eccidio di Sant’Anna. Il Tribunale Militare di La Spezia emette il dispositivo di sentenza, con il quale dichiara colpevoli tutti i dieci imputati, condannandoli alla pena dell’ergastolo.