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Festival QUASSU’ su questa terra che racconta

8 e 9 agosto 2022

Prima edizione del Festival "QUASSU’ su questa terra che racconta".

Un Festival di narrazione che vedrà alternarsi quattro attori impegnati in altrettanti spettacoli.
La Direzione Artistica è di Elisabetta Salvatori e de La Bottega del Teatro.

Lunedì 8 Agosto, ore 19,30
COREA. Una questione di geometrie
di e con Fabrizio Brandi
collaborazione drammaturgica Enrico Pompeo

Di luoghi nati storti ce ne sono in tutto il mondo.
Storti,
come una via senza marciapiede
come una strada senza lampioni
come posto senza una piazza
come una piazza senza una chiesa.

Questa è una storia di periferia, di un quartiere costruito con le macerie della guerra su un triangolo di terra, tra la raffineria petrolifera, la via Aurelia, e il cimitero. Il quartiere Corea di Livorno, una delle tante Coree esistenti in Italia. Costruito senza una vera e propria identità, se non quella di una comunità e dei suoi personaggi che lo hanno attraversato dal dopoguerra ad oggi, dai suoi abitanti a Don Alfredo Nesi, amico di Don Milani, che nel quartiere fonda il Villaggio Scolastico cercando di tracciare per sempre nuove geometrie esistenziali.

Lunedì 8 Agosto, ore 21,30
FILIPPO VOSTRO. Storie della ritirata di Russia
di e con Luca Barsottelli
Collaborazione drammaturgica Francesco Niccolini

Filippo Vostro è uno spettacolo di narrazione per un attore solo, in cui le voci di quattro personaggi si intrecciano per dar vita alla storia. La narrazione procede da uno spaccato familiare dell’autore Luca Barsottelli: “Quando ero bambino, mia nonna mi raccontavano la storia di Filippo. Filippo era suo fratello, mio zio, ed era sparito 33 anni prima che nascessi; infatti nell’estate del 1942 venne mandato a combattere in Russia insieme ad altri 60,000 alpini. Aveva 21 anni. E non tornò più. Di lui non si ritrovò neppure il corpo. Filippo significa amante dei cavalli, un nome che generalmente veniva dato ai condottieri. Mio zio invece era contadino e in guerra non ci voleva andare. Piuttosto, mi raccontavano, si sarebbe fatto tagliare un braccio. Di lui ho sempre saputo poco, ma quel che basta per sapere che c’era. E da quel poco sono poi partito per ricostruire la sua storia. Per renderla viva. A quella di Filippo, si alternano le voci di suo padre, si sua madre e si sua sorella: i miei bisnonni e mia nonna Pietro, il babbo, raccontava sempre di come Filippo prima di partire per il fronte, gli aveva chiesto di tagliargli un braccio. Un ricordo che perseguitò Pietro per il resto della vita. Pasquina, la mamma, darà luogo a un racconto intriso di quel senso di sospensione e incertezza che caratterizza le famiglie dei dispersi: anche anni dopo la fine della guerra, in lei restava la speranza che il figlio non fosse morto e che un giorno sarebbe tornato. Infine Iole, la sorella, che ha cristallizzato la figura del fratello in quella di un ragazzo spensierato che giocava con lei bambina.”
Attraverso le lettere scritte dal fronte e le testimonianze di tre familiari, lo spettacolo ricostruisce e intreccia il dramma intimo di una famiglia contadina nella Toscana ai tempi della guerra e la narrazione di una pagina drammatica nella storia mondiale, che ha coinvolto il corpo nazionale degli alpini: la campagna di Russia.

Martedì 9 Agosto, ore 19,00
SCALPICCII SOTTO I PLATANI. L’estate del ’44 a Sant’Anna di Stazzema
di e con Elisabetta Salvatori
al violino Matteo Ceramelli

Chi visita Sant’Anna di Stazzema, un paesino dell’entroterra versiliese, ci trova un gran silenzio, non quiete, ma un atmosfera irreale, sacrale. Salendo per la stradina tortuosa, appena arrivati si trova una piazza intitolata ad Anna Pardini, era una bimba di 20 giorni, la più piccola dei più di cento bimbi che il paese non ha visto crescere. Giocavano tranquilli i bimbi a Sant’Anna nell’estate del ’44, sotto i platani davanti alla chiesa e per le piane. In paese pericoli non ce n’era e la guerra era vicina e allo stesso tempo lontana per loro intenti a divertirsi. Fino al sabato mattina che cancellò tutto, estate, infanzia, vita: il 12 agosto. Il racconto che Elisabetta Salvatori ha tessuto intorno ad uno dei più efferati eccidi dei nazisti contro i civili italiani inizia così, con la descrizione del luogo, della gente di Sant’Anna, questo posto sulle Apuane dove durante la guerra si rifugiarono un migliaio di sfollati. La vicenda della strage, è ricostruita componendo un toccante e luminoso affresco del paese, dei suoi abitanti, delle tradizioni, delle faccende quotidiane, dei bambini che giocavano sotto i platani. Fino al sabato mattina che cancellò tutto: estate, infanzia, vita, era il 12 agosto. In poco più di tre ora, furono uccise 560 persone, il paese divenne un unico grande cimitero e arrivò il silenzio. E’ una storia raccontata con delicatezza, usando a volte il dialetto versiliese, raccontata con lo stesso trasporto di chi quelle cose le ha vissute e le dice ai nipoti. Sulle note popolari, eseguite dal vivo, dal violino di Mattero Ceramelli, il pubblico vede e sente Sant’Anna, incontra Aspasio, la Bruna, le donne, le madri e i vecchi rimasti in paese e caduti sotto la violenza nazista. Raccontare è tramandare e custodire e raccontare quel che accadde a Sant’Anna è non far dimenticare, perchè oggi, un altro delitto, sarebbe dimenticare.

Martedì 9 Agosto, ore 21,30
MAROCCHINATE. Aspettavamo ji salvatori… so’ arrivati ji diavoli.
di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti
con Ariele Vincenti
regia Nicola Pistoia

“Per raccontare una storia servono due cose. Un ottimo testo e un ottimo attore. Vi pare poco?”
Francesca De Sanctis- “Unità” 28 Ottobre 2016

“Marocchinate”, racconta i terribili giorni decisivi e successivi allo sfondamento da parte degli alleati della linea di Montecassino, ultimo baluardo tedesco. Apparentemente la guerra è finita e l’Italia è libera, ma non per le popolazioni di gran parte del basso Lazio. Un’altra di quelle storie che se non sei di quei luoghi dove sono accadute, non le conosci. Siamo in un paese della Ciociaria e Angelino, pastore locale, ci racconta la faticosa vita contadina della sua zona prima della guerra. Vita che viene sconvolta con l’arrivo delle truppe marocchine, i “Goumiers”, aggregate agli alleati, ai quali viene affidato il compito di entrare nella rocciosa difesa tedesca. Ottemperano al loro compito e “le truppe marocchine” come ricompensa, ottengono il “diritto di preda” contro la popolazione civile. Cinquanta ore di carta bianca, cinquanta ore in cui fanno razzia di tutto quello che trovano: oro, case, vino, bestie, ma soprattutto donne. Sono migliaia le donne che verranno stuprate e uccise nella primavera del ‘44 dai soldati marocchini. Tra queste c’è Silvina, la moglie di Angelino, che diventerà anch’essa una “marocchinata”. Lo spettacolo ha lo scopo di rispolverare i gravi fatti della Ciociaria del ’44, per non dimenticare le migliaia di donne vittime di quelle violenze.



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