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Aldo Cazzullo- Giornalista de Il Corriere della Sera, scrittore - 3 aprile 2020
“Caro Nino, tu forse comprendi, o altrimenti comprenderai tra qualche anno, quale era il mio dovere d’italiano. Diedi a te, a Libero, ad Anita, a Italo, ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello, e il mio giuramento l’ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani. I miei baci e la mia benedizione. Papà”
Questa è l’ultima lettera di Nazario Sauro, nato a Capodistria suddito austriaco, ma italiano di lingua e di cuore che scelse di combattere la Prima Guerra Mondiale dalla parte degli italiani, contro gli austriaci, andando incontro a morte quasi certa: fu catturato, impiccato, queste furono le sue ultime parole, perché chi ha saputo morire, ci insegna anche a ben vivere.